Savona. “Porto di Savona, ore 23.00 del 16 aprile 2014… altro che Tirreno Power”. E’ stata questa semplice didascalia, sotto una foto di una nave Costa, a far divampare la nuova polemica su Facebook.
Nella foto si vede chiaramente, nell’arancione delle luci artificiali, il tipico pennacchio di fumo che si alza dalla nave: e via al dibattito. Per qualcuno è inquinante come 14.000 automobili accese, per un altro è meno inquinante di una fetta di salame, e tutti portano dati e cifre a conferma della propria tesi.
La presenza del pennacchio, intanto, è presto spiegata: “Le navi bruciano combustibile per poter generare corrente elettrica da usare a bordo e far funzionare i motori delle eliche (hanno motori elettrici per spingere, non a combustione)”. Il risultato, commenta un ironico utente evidentemente contrario ai nuovi palazzi del porto, è che il complesso “A Filo d’Acqua” diventa “A Filo nella Co2″.
Sui rischi per la salute però le opinioni sono contrastanti: “Per legge le navi in porto debbano utilizzare combustibili con meno dello 0,1 per cento di zolfo: ci sono più veleni in una fetta del salame che mangiate tranquillamente (bastano 36 grammi di carne trattata con E250 per superare il massimo tollerabile di nitriti dall’organismo umano)”, scrive un utente. Immediata la risposta: “Una nave in porto inquina come 14000 automobili (col motore acceso per tutto il tempo dello stazionamento). Sempre ammesso che usino davvero gasolio btz e non il combustibile pesante adoperato in navigazione, che ovviamente costa molto meno e genera, oltre a ossidi di zolfo e polveri, i temibili idrocarburi policiclici aromatici, cancerogeni accertati. Chi controlla?”. “Controlla la Capitaneria di Porto – è la risposta – a differenza delle auto che inquinano molto, ma molto di più, le navi sono obbligate da leggi internazionali a tenere un registro degli idrocarburi dove viene registrata ogni singola goccia di combustibile utilizzato”.
La soluzione, dicono in molti, sarebbe semplice: elettrificare la banchina, collegare le navi alla rete elettrica ed avere zero emissioni. “Ma poi la corrente elettrica da dove la prendiamo? Dal nucleare Francese?”, chiede qualcuno. “La corrente di cui necessita una nave è ridicola ed esistono i certificati verdi – è la risposta – Non è vero che senza il nucleare della Francia siamo spacciati, andatevi a vedere i consumi dell’anno passato, basta un niente per autosostenerci. Non ingigantiamo le cose, una cabina da qualche megawatt in porto la puoi mettere, niente di diverso che da quelle gia usate per le industrie e non mi pare che questo abbia inciso sull’approvigionamento da fonti nucleari”. “Il cold ironing, che vuole dire elettrificazione delle banchine, non è una scienza occulta, ma già molto praticata negli USA, in Europa del Nord, nella stessa Cina”, ricorda qualcun altro. E da lì la discussione sfocia nel paragone con Genova, e nel possibile accorpamento.
A tenere banco è anche il paragone con Tirreno Power. “Per assurdo, è accertato quello che esce dai camini della centrale, ma nessuno misura quello che esce dai camini delle navi, privi di sistemi di abbattimento”, tuona un utente. E la paura di altri è che discussioni simili portino alla creazione di un comitato anti-Costa, così come fu per la centrale vadese: “Navi no, carbone no, container no, piattaforma no, nasiere no, il porto troppo vicino alle abitazioni… vabbé, chiudiamo tutto e andiamo a mangiare in mensa alla Caritas”.